IL NOME

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dākinī è una traduzione della parola tibetana khandroma, che letteralmente significa “colei che va nel cielo”, o “colei che si muove nel cielo”.
La dakini è probabilmente la più importante manifestazione del principio femminile nel buddhismo tibetano. Rappresenta il flusso sempre mutevole di energia su cui chi pratica la meditazione deve lavorare per arrivare alla realizzazione. Può assumere sembianze umane, apparire come una dea pacifica o aggressiva, o essere percepita semplicemente come l’eterna manifestazione dell’ energia del mondo fenomenico, rappresenta la vacuità, la consapevolezza, la custode dei misteri, una guida che ci conduce attraverso le porte del mandala permettendoci di raggiungerne il centro, colei che concede le iniziazioni e l’oggetto stesso dell’ iniziazione. Essa trasmette i primi bagliori di una realtà non duale, rivela la vacuità delle apparenze fenomeniche e dimostra la danza della magica illusione. Trasmette il piacere danzando l’illusoria danza cosmica operando attraverso le funzioni ingannevoli delle nostre menti.
Sin dall’origine le dakini furono associate alla funzione meta-psicoterapeutica della distruzione dell’io e di iniziazione degli yogin nel mandala di puro essere, coscienza ed estasi (sat chit ananda).
Un’altra importante classificazione della dakini è la quadruplice personificazione dei karma, o funzioni del guru. Quattro attività allo scopo di illuminare il praticante: pacificare, arricchire controllare e distruggere. Queste funzioni vengono utilizzate al solo fine di convertire gli esseri senzienti, sostenere la loro evoluzione spirituale e diffondere gli antichi insegnamenti della tradizione originaria della Dea Madre, da cui il tantra ebbe origine.dakini

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